
Non è facile partire verso
il ritorno dei ricordi.
Cercare di capire il motivo di tante cose, comprendere le scelte prese sin dai
bagliori della nostra nascita. Rendersi conto dell'essere noi i veri fautori del
dove siamo, del cosa facciamo e che tutto questo è alquanto, direi per tutto,
volontario.
Per risalire sui miei passi, tornare dove fui, necessito di calma, tempo,
solitudine. Bisognosa di comprendere i motivi che mi hanno portata dove sono.
Penso sia proprio questo l'immediato compito che mi spetta: diventare turista di
me stessa; intraprendendo, con zaino in spalla, la cavalcata che dirige sulle
terre mie lontane. Scrutarle nuovamente, cercandoci quel qualcosa di nuovo che
mai vidi durante il primo transito e che, comunque, condizionai: posandoci le
mie pietre, tagliando qualche ramo, annaffiando qualche fiore.

Questa volontaria
necessità; meglio ancora se la definisco una necessaria volontà, vorrei
incorporarla, per non dire che ne sono costretta, per cercare di stendere la
parte contratta inglobata dentro il mio presente.
Credo che il passo di questa inversa avanzata lo compongo ogni giorno già da
tempo, solo che l'equilibrio non sempre mi sorregge e l'occhio assieme all'udito
mi scombussolano, soffocandomi il traguardo e ovattandomi il vedere segnali
indirizzanti.
Di solito mi capita che il terreno su cui cerco il sentiero mi inganna.
Successivamente m'indica l'indirizzo in modo netto. Quando vedo chiaro mi
incammino; non avanzo comunque troppi passi, che già all'improvviso riemerge la
nebbia e il tragitto fin lì chiaro si miscela, confondendosi una seconda volta,
come le foglie, che cadute dai rami, lì per lì cancellano il contorno di un
percorso. E il grigiore intriso di foschia, a quel punto, di per certo non mi
aiuta e mi riscopro disorientata e persa.

Intuisco quasi sempre
comunque, cha da qualche parte l'atmosfera opprimente non dimora, né si genera;
ed è lì che voglio dirigermi. Ma è come se ci fossero degli ostacoli che
ripresentandosi sin troppo spesso, mi inducono a gettare la spugna. Essendo
carichi di potenza negativa frenano a volte il mio volere, la chiarezza, il mio
desiderio di scorgere il bagliore, il bel tempo.
Non comprendo ancora del tutto, con nitida consapevolezza, se quel clima angusto
è una mia creazione spontanea, o se nasce da un mio volere inconsapevole: in
grado di generare pioggia, riprodurre vento, oltrepassando la mia apparente
volontà di coscienza.
La sensazione che ho a volte, cioè che la paura voglia prendere il mio posto,
proibendomi di scavare, è molto intensa. L'ansia, appena si sente scoperta
scompare, per non farsi scrutare.

Teme, credo, ch'io trovi l'acqua, la sorgente, la falda acquifera della mia
natura. Allora non mi tocca fare altro che attendere, non demordere. Sperare di
rivedere chiaro il sentiero.
Riprendere il tragitto del cammino.