
Appena tornato dal set, il
bel tenebroso Brando Giorgi, ci concede gentilmente questa veloce intervista...
Brando e la scelta fortemente voluta di
non mantenere il vero nome in campo artistico, di Lelio Sanità di Toppi,
peraltro di nobili origini... forse, proprio per questo, se ne deduce questo
desiderio di semplicità... Di fatto, quali sono le cose semplici e genuine, che
ami della vita?
Questa scelta non è dettata da un
desiderio di semplicità, ma quando ho iniziato a fare l’attore avevo 24 anni, il
nome Lelio era troppo serioso, Sanità di Toppi troppo lungo, a me piaceva Brando
come nome e poi uscì Giorgi. Ora mi farei chiamare Lelio Sanità, se fossi
abbastanza famoso da poterlo fare. Brando non è un omaggio a Marlon Brando, ma
per me suonava bene questo nome. C’è chi mi chiama Brando, chi Lelio,
per il momento va bene così.
Nasci artisticamente come modello delle
griffe più importanti, come Dolce e Gabbana, poi debutti a teatro... Fra cinema,
fiction e teatro, cosa preferisci?
Per Dolce e Gabbana non ho mai
lavorato, l’hanno scritto, ma non è vero. Ho sfilato per Ferrè, Armani,
Valentino e Soprani. Sono "nato" con Valentino, che rappresenta la moda
mondiale e siamo entrambi di Roma. Di cinema non ne sto facendo in questo periodo,
se dovessi scegliere, opterei per il cinema; sono molto amante della macchina
da presa. In teatro mi piacerebbe portare un monologo dove si possa
rappresentare l’interiorità, vediamo se per il 2012 ci riesco, è un progetto
che sta nascendo in questi giorni... forse non ne avrei neanche dovuto parlare, è
un mio sogno nel cassetto.

Che ricordi hai della tua
prima fiction televisiva "Incantesimo 3"?
Ho un bellissimo ricordo, è stato il
mio inizio, facevo la parte del cattivo. Ho lavorato con Luigi Maria Burruano ed ora sono sui
set con lui, lo considero un grandissimo artista.
Hai avuto modo di lavorare e confrontarti
con diversi attori. Con quale artista del passato ti piacerebbe recitare?
Mi piacerebbe lavorare con Carlo Verdone,
Christian de Sica, Elio Germano, che adoro e diversi altri.
Fra i tanti impegni artistici che hai
sostenuto, ricordiamo anche i videoclip per "Gente comune" e "Acqua di mare", che ti
portarono alla lunga relazione sentimentale con la cantante Mietta. Oggi, sia
te, che Mietta, entrambi genitori felici, ma legati a compagni diversi... come
sono attualmente i vostri rapporti? Siete rimasti buoni amici?
Le faccio tanti auguri perché di recente è
diventata mamma. Siamo rimasti in contatto, non ci sentiamo spesso, ma ognuno
vuole il bene dell’altro, abbiamo preso strade diverse.
Malgrado lo smog, la vita frenetica, c'è
ancora chi preferisce vivere in città, piuttosto che in luoghi più salubri. Che
rapporto hai con la natura? Cosa riesce a trasmetterti un luogo dove si respira
aria pura e silenzio?
Io ho la fortuna di potermi godere le
Dolomiti tre mesi l’anno, perché Daniela, mia moglie, è di Bolzano. Il mio settimo senso che è una cosa fantastica, auguro al mondo di godere il contatto con la natura.
Consiglio di staccare la spina dalla città, dalla vita frenetica, dallo smog,
dai pensieri e dalla vita che oggi ci
costringono a vivere, ma che anche vogliamo viverla, perché ci costringe a non
pensare ed è una delle cose più brutte che l’essere umano possa fare. Viva la
natura, viva il silenzio, viva il rapporto con tutto ciò che Dio ci ha dato!

Testimonial della DEBRA
(www.debra.it), associazione che si occupa dei bambini affetti da epidermolisi,
una malattia della pelle molto rara. Parlaci di questa tua importante
iniziativa...
Io sono del parere che la malattia non
è democratica. Purtroppo ci sono alcune malattie rare, che non hanno
finanziamento per lo studio. Essere testimonial della Debra, mi ha data la
possibilità d’incontrare i "bambini farfalla", affetti da questa patologia e mi ha aperto il cuore. Nel mio piccolo cerco di dare il mio contributo, anche un euro può essere un grande contributo.
Non dovrebbero esistere malattie rare, la cura dovrebbe essere democratica per
tutti, è una doppia sfortuna per chi si ammala con una malattia rara. Questo ti
rende diverso dagli altri, chi ha la possibilità di gestire denaro pubblico
dovrebbe farlo al meglio, dovrebbe essere data a tutti la possibilità di
curarsi, perché è un diritto umano di tutte le minoranze. E’ una cosa
bruttissima quello che succede. Ho dato il mio contributo presenziando in molte
manifestazioni, dando spazio alle iniziative sul mio sito e dedicandomi
totalmente, quando possibile.
Cinema, tv e teatro, hai attraversato
tutti i mezzi di comunicazione, quale ti sembra essere più efficace per
esprimere la tua arte e la tua personalità?
Se dovessi fare il mio monologo, direi
il teatro, è ovvio, perché mi rappresenta pienamente. Dico sempre che quello che
noi trasmettiamo attraverso i personaggi, sono delle cose che abbiamo dentro,
quindi alcune cose le diamo noi al personaggio e alcune cose il personaggio le
trasmette a noi. Quando lavoro in progetti giusti mi sento rappresentato da
tutti i mezzi di comunicazione artistica. Quando c’è la squadra giusta ci si
esprime totalmente.

Quand’è che un attore può
dire, “Ce l’ho fatta, sono un attore”?
Mai, dal momento che lo dici hai perso,
ti arrendi. Io penso che nemmeno Robert De Niro, o Al Pacino, nemmeno Checov, o
Strasberg, lo abbiano mai detto. Recitare è come vivere, è aprire una porta e
dietro trovarne un’altra e un’altra ancora all’infinito. E’ un continuo
sperimentare e sperimentarsi. Se il concetto è espresso materialmente, allora il
senso cambia e si vede dai risultati economici.
Cosa ne pensi delle dichiarazioni di Elio
Germano al festival di Cannes: «Siccome i nostri governanti rimproverano sempre
i cineasti perché parlano male di questo Paese dedico questo premio all’Italia e
agli italiani che fanno di tutto per rendere l’Italia migliore, nonostante la
loro classe dirigente».
Io penso che è un attore affermato, ha
espresso un suo pensiero e ha fatto bene. Ha fatto la cosa giusta al momento
giusto. L’ha ritenuto opportuno ed è stata la scelta giusta.
Gli attori parlano sempre di “percorso”,
tu quando ti trovi davanti a un personaggio da interpretare, come lo studi, come
ti rapporti a lui? Pensi che ogni personaggio ti arricchisca e tiri fuori una
parte di te?
Penso che ci sono lavori molto più
facili e mestieri che non senti tuoi, dove fatichi di più. Il percorso che faccio
è personale. Alcune volte il personaggio nasce da solo ed attorno ad
una sola battuta costruisci tutta la personalità del personaggio. Ognuno cerca
di fare il lavoro nella maniera più onesta possibile. Mi considero un onesto
lavoratore e cerco di affrontare il lavoro nella maniera più veritiera
possibile. Ogni attore ha il suo percorso e i suoi segreti.

Qual è stato il tuo
rapporto con il cinema comico di Alessandro Benvenuti?
Lo amo, posso dire solamente grazie.
Sono stato diretto da lui in una ficiton. E’ un grande, una persona di grande
umiltà, con una ricchezza interiore da donare agli altri. E’ un gigante e
siccome lui è più grande di me di stazza e noi grandi tendiamo ad avvolgere gli
altri quando li abbracciamo, ogni volta che lo incontravo gli chiedevo di
abbracciarmi, per farmi sentire un pò piccolo. Inizialmente mi prendeva per
matto, poi ha capito il perché di questa richiesta.
Quali sono stati gli episodi più strani,
più curiosi accaduti sui set?
Più strani e curiosi… Non è che ne
siano avvenuti tantissimi. In teatro, un classico è quando dimentichi la
battuta... Per esempio, in “Caterina e le sue figlie”, Sara mi ha tirato un
ciondolo ferendomi sullo zigomo. In altre occasioni devi dare una botta in testa
a qualcuno, invece che dargliela per finta gliela dai davvero e quella persona
sviene, poi si ride fortunatamente, quando ci si accorge che non è accaduto nulla di grave. Una
volta, per buttare giù una porta che doveva essere aperta, ho fatto venire giù
tutta quanta la porta comprese le ante, una vera e propria comica alla “Scherzi
a parte”.
Un’opera teatrale che vorresti
interpretare?
Vorrei tirare fuori un monologo sui
freni inibitori che ci imponiamo tutti. Non vorrei interpretare i soliti
monologhi di Shakespeare e Pirandello. Se dovessi scegliere, preferirei il
cinema.
“Un tram chiamato desiderio” è un’opera teatrale che avrei
interpretato volentieri. E’ stato un progetto che, purtroppo, non è mai partito. C’è su internet il primo provino in cui Marlon Brando si
presenta: “esperienze nessuna”… il provino è per lo spettacolo di Elia Kazan ed
è fantastico, da guardare.

Qual è il ruolo che
vorresti interpretare e cosa manca ancora nel tuo carnet?
Devo ammettere che ho fatto di tutto,
particolarmente non il comico, perché non lo sono. Vorrei fare un dramma, perché
i belli fanno sempre la parte dei figli di puttana, o dei tombeur de femmes e
raramente si soffermano sulle cose, o vanno in profondità, quello mi piacerebbe
farlo.
Se non avessi fatto l’attore, che lavoro
ti sarebbe piaciuto fare nella vita?
Lo psicologo.
Ai ragazzi che sognano una carriera come
la tua, cosa consigli di fare? Ci sono tappe e regole da rispettare?
Gassman nel suo libro: “Un grande
avvenire dietro le spalle”, dice che non ci sono regole e questo spaventa un pò.
Soprattutto oggi ci sono attori che lavorano e non dovrebbero lavorare e attori
che non lavorano e sono bravissimi. Non vuole essere una polemica, è il periodo
storico che ci impone questa disoccupazione. Bisogna armarsi di forza, passione
e coraggio; è un mestiere complicato, fatto di alti e bassi. Quelli che lavorano
sono pochi e migliaia sono fuori. Ci vuole una grande forza, grande coraggio e
pazienza, ci sono tanti no. Ci vuole anche una buona salute, spesso si girano in
inverno delle situazioni estive e bisogna essere temprati nel fisico. Consiglio
forza, coraggio e passione, di crederci sempre e di non mollare mai.
Grazie Brando per averci concesso questa
interessante intervista.
Grazie a voi! Auguro
tanto amore a tutti.