
Come questa favolosa
canzone, lascio che “all’arrivo dei miei sensi” sia il mio cuore ad aprire… “,
con me basta poco, dopo troppo riascoltare il canto e “tiro fuori da me, ciò che
ho lasciato dentro”…
Mi consenta l’artista, Biagio Antonacci; autore della canzone “Ritorno ad
amare”, di aver preso in prestito il titolo di questo brano e le parole, oggi ed
ogni volta che si toccherà il fondo, perché penso che ognuno possa, solo dopo
aver trovato la "botola" del proprio nascondiglio segreto; del doppio fondo,
riuscire a risalire con la forza di quell’amore che smuove l’intero universo!
Ed è l’amore per l’amore, che mi fa tornare a scrivere senza mai più sentirmi
stretta in me stessa.
Mi basta un giorno per dire: “Ti amo”.
Mi basta un giorno per dire che sono felice…
Mi basta un giorno per ritrovare la gioia che la vita ci concede, come il
sorriso sul volto di un bambino, assaporando proprio nelle piccole gioie di ogni
giorno, la linfa vitale che echeggia nelle orecchie, come questa meravigliosa
canzone.
“Ritorno ad amare”, nessuno e tutti, soprattutto me stessa!

Sentire il vento che soffia freddo sulla pelle, sul collo scoperto, sentendo il
soffio della vita.
Riscaldarmi con una doccia calda dopo una giornata faticosa e ritrovare il
piacere del tepore di casa per non ritrovarsi più sola, anche se nel salotto non
c’è alcun uomo stravaccato sul divano che richiede la cena. Come il nervo
scoperto di un dente che duole, laddove la lingua dei maligni batte, l’invidia
ti segue e le favole non si raccontano più.
Eppure resto l’eterna Candy Candy, convinta che dietro il burbero Terence ci sia
un cuore d’oro, che segue il suo cuore come nel libro di Susanna Tamaro, senza
che siano illustri citazioni a dettare il tempo della sua vita, ma solo ancora
quel battito che all’unisono segna il tempo che guarisce le ferite. Impaziente e
paziente, allegra e malinconica, sorridente e triste, che ride e fa ridere, che
si commuove davanti ad una foto ricordo, o ad un messaggio. Sarò sempre
un’eterna contraddizione, che non si esime mai dal sognare l’abito da sposa, o
la casetta con il giardino e due bambini che giocano con il cagnolino di casa, o
che s’immagina ai fornelli della cucina, a preparare succulenti pietanze, per
quell’uomo sul divano che guarda la TV, senza accorgersi che ho cambiato
pettinatura, ma che, in ogni caso, continua ad amarmi per quella che sono, ride
per la mia autoironia sui ravioli decisamente salati, che sa apprezzarmi, anche
perché, in fondo sono forte come una roccia e fragile come un fiore. L'uomo che
mi sa proteggere con un abbraccio e richiamarmi con uno sguardo, che m’insegna
ad essere sicura e che si ritiene fortunato perché sono accanto a lui.
Allora, quale occasione migliore, se non quella di raccontarsi ogni giorno,
cogliendo le mille sfumature della vita, trovando l’incipit di un nuovo
racconto?

E proprio io, tra le mille risate del caso, sono qui a dispensare modesti
consigli per confortare chi soffre. Non sia mia presunzione trovar rimedio, ma
solo avere il consenso di trovar riposo tra i mille pensieri.
Per questa ragione e con questa premessa, nasce la rubrica “L’insostenibile
leggerezza dell’essere” e come nella spiegazione letterale del titolo:“ il
contrasto tra questa sfuggente evanescenza della vita e viceversa, la necessità
umana di rintracciare in essa un significato, si risolve proprio in un paradosso
insostenibile”.
Siate fonte per cui, del vostro paradosso, strepitando con il vostro inconscio
e, cercando con le domande una risposta, che non avrete mai, se non nella
consapevolezza del vostro parafrasarvi.
Io sarò la raccolta delle vostre domande ed insieme, saremo le risposte dei
vostri pensieri, assecondando i dubbi, per trovare le ragioni, contraddicendo le
ragioni, per “ascoltare” le illusioni.

Il miglior metodo per vivere nella realtà, sarà sempre continuare a sognare,
perché la vita resta qualcosa che accade, mentre la stiamo pianificando e non
c’è miglior soluzione che lottare per i propri sogni, per volare come Billy
Eliot, leggero sulle ali del proprio sogno.
Osservare dal buco di una serratura guardinghi e solerti la realtà che ci
“strozza”, mentre accanto a noi, muore qualcuno per strada, tra l’indifferenza
della gente, quando camminiamo frettolosi verso il lavoro, senza sentir alcun
rumore, se non la musica a tutto volume delle nostre cuffiette. Quando
violentano l’innocenza di una bambina, il cui unico errore è credere nell’amore
della propria famiglia, non giudicando l’invidia vicina; il mostro da combattere
ed allontanare. O ancora, giudicare malati, coloro che amano il loro stesso
sesso, mentre là fuori, la vera malattia rincorre le persone, senza che il
progresso abbia trovato una vera univoca soluzione e il veleno che scorre nelle
vene di questa gente, avvelena il mondo con l’ipocrisia e la falsità!

Siamo arbitri onesti del nostro vissuto, o servirebbe la moviola in campo, per
scorgere la verità di tante omissioni a noi stessi?
Fuorigioco...
Fischio, palla al centro e che abbia inizio una nuova partita!
(A cura di:
Francesca Maiuri )