
GLI SCRITTORI VOCIANI –
PIERO JAHIER
Piero Jahier nacque a Genova nel 1884 figlio di un pastore valdese e qui
trascorse la sua adolescenza; dopo il suicidio del padre nel 1897, la madre con
i sei figli si trasferì a Firenze e Jahier, per aiutare economicamente la
famiglia, abbandonò gli studi di teologia e si impiegò nelle Ferrovie.
Laureatosi comunque in seguito in Legge e Letteratura francese, fu proprio a
Firenze che avvenne l’incontro con Giuseppe Prezzolini e grazie a lui iniziò a
partecipare al movimento “La Voce” e a collaborare con “Lacerba”.
Nel 1910 prese in moglie Elena Rochat e un anno dopo ebbe il primo dei suoi
quattro figli. Nel 1915 pubblicò le “Risultanze in merito alla vita e al
carattere di Gino Bianchi, una specie di satira contro la borghesia, edito dalla
“ Libreria della Voce”, della quale era divenuto responsabile. Allo scoppio
della prima guerra mondiale partì come volontario negli Alpini e curò il
giornale di trincea “L’Astico”, che continuò a seguire anche dopo la fine del
conflitto pur dirigendo un altro periodico “Il nuovo contadino” rivolto comunque
ai reduci di guerra. Nel 1919 fece uscire la raccolta “Canti di soldati”,
ispirata al suo periodo vissuto in trincea e una sua autobiografia “Ragazzi”,
dove l’autore raccontava della sua infanzia difficile. La sua opera in prosa più
famosa è stata senza dubbio “Con me e con gli Alpini”, dove Jahier cercò di
spiegare i motivi per cui era andato a combattere in guerra e a rischiare la
vita.
Nel 1921 scrisse “Lettere e testimonianze dei ferrovieri per la patria” mettendo
fine alla sua produzione letteraria. Durante il fascismo infatti scelse la via
del silenzio e per questo suo atteggiamento venne perseguitato ed arrestato.
Le sue opere, rimaste per molto tempo sparse e con alcuni scritti addirittura
inediti, sono state raccolte e riordinate dallo stesso Jahier poco prima che
morisse e pubblicate dalla casa editrice Valsecchi.
Piero Jahier morì a Firenze nel 1966 lasciando il ricordo di un uomo che per
tutta la sua esistenza aveva combattuto dapprima contro il superuomo
dannunziano, ponendo la sua poetica sotto il segno dell’uomo comune e poi contro
il servilismo verso i superiori al carrierismo , all’assenteismo sul lavoro, al
perbenismo votato all’apparenza, dandoci così l’immagine di un uomo dalla forte
moralità.