
LO SAPEVATE CHE :
Fino agli anni sessanta non si è mai saputo di tradimenti verso la mafia, anche
perché un affronto del genere avrebbe portato quasi sicuramente alla tomba.
Questo almeno fino all’avvento di Joe Valachi, che si può considerare il primo
vero pentito della mafia; se fu una sua decisione o se avesse avuto qualcuno
dietro le spalle, questo non è stato mai chiarito.
Chi era nella realtà Joe Valachi e che posizione aveva all’interno del crimine
in America?
Per sua stessa ammissione, si sa che sicuramente era un personaggio secondario
nell’organizzazione della malavita, uno dei tanti uomini della famigerata
“famiglia” di Vito Genovese, ricattatore, spacciatore e truffatore di piccolo
calibro. La storia della sua infanzia non è diversa da quella di tanti altri
ragazzi della New York italo-americana, con il padre immigrato di origine
napoletane, senza un lavoro specifico, rivenditore ambulante, povero e che
morirà alcolizzato in un ospedale del Bronx. Joe Valachi già ad undici anni
finisce in un carcere minorile per quattro anni e rimane poi ferito gravemente
alla testa nel 1924 tanto da perdere completamente la memoria per circa sei
mesi. Era il 1930 quando Joe entrò a far parte di “Cosa Nostra”, la potente
organizzazione mafiosa al servizio di Salvatore Maranzano; lì apprese subito la
difficile convivenza nella famiglia, facendo il cosiddetto “patto di sangue” con
Joe Bananas (Joseph Bonanno), nominato suo padrino.
Maranzano si affrettò a spiegargli poi quali erano i principi di Cosa Nostra e i
due motivi per cui si poteva essere uccisi: uno per tradimento della famiglia ed
il secondo per aver importunato la moglie di uno di loro. Iniziò così la sua
vita mafiosa che lo vide presente in numerosi omicidi a partire da quello di
Masseria il 5 aprile 1931, ideato da Lucky Luciano e Vito Genovese e come quello
dello stesso Maranzano l’11 settembre dello stesso anno, assassinato nel suo
ufficio di New York.

Valachi passò quindi al servizio di Genovese di cui nutriva paura e rispetto,
apprezzando le sue capacità nel comandare; sarà anche suo testimone di nozze con
Mildred Reina, figlia di un noto gangster, ma il matrimonio di Joe non durò
molto a lungo a causa del suo pessimo carattere. Negli anni in avanti è
difficile fare il conto di quanti omicidi si macchiò Joe Valachi, sicuramente
svariati, finché non venne fermato nel 1960 da una condanna di quindici anni per
traffico di stupefacenti. Nel carcere fu sospettato poi di aver tradito la
causa, ma lui negò con molta fermezza; messo in cella con il suo capo Vito
Genovese, Joe insistette nell’affermare la sua fedeltà tanto che ci fu un bacio
tra di loro in ricordo dei vecchi tempi e che in seguito verrà definito come il
“bacio della morte”.
Valachi si rese conto però di non aver convinto nessuno con le sue affermazioni
ed iniziò a temere per la sua vita, la conferma gli fu data da un amico durante
l’ora d’aria e scoprì anche chi fosse l’uomo incaricato di ucciderlo, un certo
Joe Beck. Il 22 giugno 1962 nel vedere tre detenuti avvicinarsi a lui
minacciosamente, fu preso dal terrore, afferrò un tubo metallico e fracassò la
testa ad un individuo che aveva avuto il solo torto di stargli vicino. Questo
episodio lo colpì profondamente ed il timore di finire sulla sedia elettrica a
causa del suo gesto, aggiunto alla delusione procuratagli da Vito Genovese che
non gli aveva creduto, lo indussero a collaborare con la giustizia. Fu così che
Joe convocò in carcere l’agente della Narcotic Bureau che lo aveva arrestato e
si dichiarò pronto a parlare, tanto era già morto, ma prima si sarebbe vendicato
di chi lo aveva tradito veramente. Valachi comprese che per vivere doveva
parlare e chiedere in cambio protezione, altrimenti se non era la sedia
elettrica, sarebbe stata una coltellata o del veleno a porre fine alla sua
esistenza.

Uno dei primi ad essere informato della decisione di Joe Valachi, fu l’allora
ministro della giustizia, senatore Robert Kennedy che immediatamente rese
pubblica la notizia. Quello che però Valachi disse su Cosa Nostra, non si rivelò
poi così importante tanto che il procuratore distrettuale di New York, Aaron
E.Koota, lo accusò di aver mentito e raccontato solo chiacchiere, cose già
sentite, ma sicuramente nulla di importante e di certo materiale non utile per
il tribunale, lo definì inoltre solo un essere paranoico, soprattutto dopo aver
scoperto che alcuni suoi familiari erano stati in manicomio.
Quando più avanti Valachi dettò le sue memorie al giornalista Peter Mass con il
titolo “The real thing” (La cosa vera), alcuni italo americani cercarono di non
far pubblicare il libro perché sarebbe stato un danno per tutti i cittadini di
origine italiana; il libro tuttavia uscì nel 1968 col titolo “Valachi papers”
(le carte di Valachi) e da cui fu tratto anche un film.
Di certo fu che dal momento in cui Joe Valachi decise di parlare, divenne il
detenuto più sorvegliato degli Stati Uniti e a Fort Monmouth, dove rimase per
circa un mese, fu addirittura interrotto il traffico nelle vicinanze della base;
la polizia militare lo piantonava giorno e notte e per paura di una vendetta
della mafia, iniziò nel massimo segreto a pellegrinare in diversi penitenziari e
ogni volta otteneva la cella migliore.
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La sua testimonianza fu un
susseguirsi di rivelazioni, dilungandosi nel cercare di chiarire le
ramificazioni dell’organizzazione che controllava la prostituzione e il
commercio della droga, il gioco d’azzardo e le manifestazioni sportive, per non
parlare poi dell’usura e delle scommesse clandestine, avevano quindi le mani un
po’ dappertutto. Dalle sue affermazioni ne uscì un’ America segreta, crudele e
corrotta e lui, condannato all’ergastolo dalla Legge e a morte da Cosa Nostra,
era ormai un uomo finito, roso dalla paura, ossessionato dalla solitudine e dal
terrore di essere ucciso, tanto che in cella tentò anche di impiccarsi con un
filo elettrico. Il dubbio che attanagliava le autorità era quello di scoprire se
tutto quello che raccontava Valachi fosse vero oppure inventato o di più che la
verità si trovasse a metà strada; di certo Joe era un personaggio minore della
malavita organizzata e forse molte informazioni che aveva avuto erano state di
seconda, terza mano o filtrate addirittura dalle alte sfere. Col passare degli
anni, dopo le sue apparizioni in TV e la pubblicazione delle sue memorie,
Valachi rimase ossessionato dall’idea della vendetta della mafia e la stessa
polizia federale non riuscì a garantirgli la sicurezza totale. Così, quando il 4
aprile del 1971, a quasi otto anni dalle sue clamorose rivelazioni, fu trovato
morto pare per un infarto, non tutti furono pronti a credere a questa versione,
sospettando che dietro ci fosse stata la mano di Cosa Nostra.