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Dalida, nome d'arte di
Iolanda Cristina Gigliotti, nasce nel 17 gennaio del 1933 al Cairo è stata una
cantante e attrice francese, egiziana di nascita e d'origine italiana.
Una delle maggiori interpreti della musica popolare internazionale, dal punto di
vista timbrico la sua voce da contralto-mezzosoprano era caratterizzata da
un'estensione di due ottave e da una tessitura di particolare profondità e
intensità espressiva.
Secondo Daniel Lesueur, autore del libro L'argus Dalida, dal 1955 al 2004, la
cantante ha venduto più di 125 milioni di dischi premiati da oltre settanta
dischi d'oro, numerosi dischi di platino e quello di diamante (creato
appositamente per lei).
Tra i molteplici riconoscimenti che le sono stati attribuiti figurano due Oscar
mondiali della canzone ricevuti nel 1963 e nel 1974, nonché, nel 1975, il Premio
dell'Académie du Disque français per il brano Il venait d'avoir 18 ans (uno fra
i suoi brani più conosciuti e pubblicato in Italia con il titolo 18 anni).

Insieme a Edith Piaf, Dalida è senza ombra di dubbio la cantante che ha
maggiormente contrassegnato la musica leggera transalpina del XX secolo (stando
ad un sondaggio dell'IFOP, effettuato nel 2001, a proposito delle personalità
più significative di tale secolo: Attore, Jean Gabin; Cantante maschile, Johnny
Hallyday; Cantante femminile, Edith Piaf e Dalida). È stata tête d'affiche
(ovvero nome di maggior richiamo) all'Olympia, tempio della musica leggera
parigina, negli anni 1961, 1964, 1967, 1971, 1974, 1977 e 1981 (si prospettava
un suo ritorno per il 1987, anno della sua morte).
Nel 1975 il Québec l'ha indicata come personaggio più popolare, dopo Elvis
Presley e donna dell'anno insieme a Jackie Kennedy.
Nel 1999 è stato allestito lo spettacolo teatrale "Solitudini Luigi Tenco e
Dalida", presso il Teatro Greco di Roma, scritto e diretto da Maurizio Valtieri.
Dalida Nacque a Choubrah (piccolo sobborgo alle porte del Cairo) da genitori
calabresi originari di Serrastretta, in provincia di Catanzaro. Il padre Pietro
era primo violino all'Opera del Cairo. Dalida trascorre l'infanzia con i
genitori e i due fratelli nella casa difamiglia sita in Sharia Khumahawiyaà a
Choubrah.

Durante l'infanzia è
costretta ad indossare gli occhiali a causa di una malattia agli occhi, che le
provocherà un leggero strabismo e che la costringerà a numerose operazioni anche
in età adulta. Grazie al suo aspetto, a diciassette anni vince il concorso di
bellezza Miss Ondine e, successivamente, la fascia di Miss Egitto che le aprirà
le porte del mondo del cinema.
In Joseph et ses frères (Giuseppe e i suoi fratelli, con Omar Sharif), doppia
Rita Hayworth, di cui è una grande ammiratrice; nel 1954 entra a far parte del
cast de La Masque de Toutankhamon (La maschera di Tutankhamon) e di Un verre,
une cigarette (Un bicchiere, una sigaretta).
Desiderosa di affermarsi nel mondo dello spettacolo decide di lasciare l'Egitto
e tentare la fortuna come attrice in Europa. Il 24 dicembre del 1954, contro il
volere della madre che comunque la sosterrà, Dalida sale su un aereo alla volta
di Parigi. Nella capitale francese abiterà provvisoriamente in un appartamento
di Rue Ponthieu, vicino agli Champs Elysées. Il primo anno a Parigi sarà
difficile: Dalida, per la prima volta in Europa, si sente spaesata nella Ville
lumière, ma nel contempo ha tanta voglia di dimostrare il suo valore.
Nel 1956, ispirandosi al film del 1949 Sansone e Dalila, adotta il nome d'arte
Dalila, che cambierà in seguito su consiglio in Dalida. È sempre il 1956, l'anno
in cui registra il suo primo disco su vinile con Madona, versione francese di
Barco negro, successo della cantante portoghese Amalia Rodrigues. Sale la
curiosità attorno alla nuova cantante venuta dall'oriente e dalla voce calda e
sensuale, ma anche con timbri androgini.

Al successo di Madona, seguono Bambino (traduzione della canzone napoletana
Guaglione), lanciata da Radio Europe 1, e dal suo direttore Lucien Morisse, di
cui Dalida si innamora. Il successo di Bambino si rivela travolgente, in
brevissimo tempo sono più di 500.000 le copie dei dischi vendute in Francia
(primo disco d'oro della vedette e, secondo Infodisc, per ben 39 settimane n° 1
nelle classifiche dei dischi più venduti).
Recita in Rapt au Deuxième Bureau (Rapimento al secondo ufficio) di Jean Stelli,
con Frank Villarde ed iniziano le esibizioni in un récital al Cairo; sarà la
volta di Come prima (per cui riceve un premio), Piove, successo di Domenico
Modugno e Gli zingari (Les Gitans), canzone spagnoleggiante, ma creata da Hubert
Giraud per il Coq d'Or de la chanson française (edizione 1958). Cantando Gli
zingari, si fa conoscere in Italia nella trasmissione Il Musichiere, condotta da
Mario Riva; seguono La canzone di Orfeo e Milord, portata al successo, in
italiano, anche da Milva.
In ex-aequo con Tino Rossi, nel 1959 ottiene l'Oscar della canzone ed un anno
dopo riceve l'Oscar di Radio Monte Carlo come vedette preferita dagli
ascoltatori, nonché il Gran Premio della canzone per l'interpretazione in
francese di Romantica, la canzone vincitrice del Festival di Sanremo 1960.
Seguono le incisioni di Les enfants du Pirée (incisa in italiano come Uno a te
uno a me), O sole mio (motivo tradizionale napoletano), L'arlecchino gitano, T'aimer
follement (in italiano T'amerò dolcemente), Garde-moi la derniere danse (in
italiano Chiudi il ballo con me).
È l'8 aprile 1961 quando Dalida sposa Morisse. Solo pochi mesi dopo incontra a
Cannes Jean Sobieski, giovane pittore di cui si innamora e per il quale Dalida
non solo lascia Morisse, ma ben presto si trasferisce a Neuilly a convivere. Nel
1961 è con Charles Aznavour che vince l'Oscar per la canzone, precedendo Gloria
Lasso ed Edith Piaf. Di contro, nel 1962, tale Oscar sarà condiviso con Johnny
Hallyday, il nuovo idolo dei teenagers francesi.
Nel 1964 è la prima donna a vincere il disco di platino per aver venduto più di
10 milioni di dischi e, sempre nel 1964, segue il Tour de France (vinto da
Jacques Anquetil), cantando più di duemila canzoni lungo 2900 km.
Nel 1965 Dalida è la cantante preferita dai francesi (secondo un sondaggio dell'IFOP,
Istituto Francese di Opinione Pubblica), anno in cui recita in Ménage
all'italiana (con Ugo Tognazzi, Romina Power e Paola Borboni, musiche di Ennio
Morricone), ed incide La danse de Zorba (in italiano La danza di Zorba), su una
base di sirtaki, Amore scusami (cover di un successo di John Foster), Cominciamo
ad amarci e La vie en rose, cavallo di battaglia di Piaf, scomparsa due anni
prima. (Amore scusami/Amour excuse-moi è del 1964...).

L'incontro con Luigi Tenco
Dopo una breve storia di tre anni con Christian de la Mazière, nel 1966 instaura
una relazione con il cantautore italiano Luigi Tenco. È in coppia con questi che
partecipa al Festival di Sanremo del 1967 con la canzone Ciao amore ciao,
scritta dallo stesso Tenco. Pare che sia stata la stessa Dalida, ammirata dal
brano dell'artista piemontese, carico di riferimento alla poetica di Cesare
Pavese, a partecipare anche alla versione francese del brano, per la quale viene
mantenuto lo stesso titolo e a portare la canzone in gara a Sanremo.
La giuria elimina comunque dalla finale la canzone e il 27 gennaio Luigi Tenco
si suicida con un colpo alla tempia. È Dalida che, entrando nella stanza
d'albergo di Tenco, lo trova rivolto per terra. La cantante, che chiedeva di
bloccare il Festival, lascia la città dei fiori per volontà degli organizzatori.
Il filmato della loro partecipazione al festival scomparirà dagli archivi RAI.
Il 26 febbraio dello stesso anno Dalida, con il cuore distrutto per quanto
accaduto, tenta di togliersi la vita a Parigi seguendo un piano molto lucido:
finge di recarsi all'aeroporto di Orly per partire per l'Italia; si fa invece
portare all'hotel Principe di Galles, sistemandosi nella camera 410 con il suo
vero nome di Yolanda Gigliotti. Appende sulla porta un biglietto con scritto Si
prega di non disturbare e prima di ingerire molti farmaci scrive tre lettere:
una all'ex marito, una alla madre (in cui le chiede di non disperarsi), ed una
indirizzata al suo pubblico.
Dalida viene salvata grazie ad una cameriera che, insospettita dal fatto che una
luce accesa filtrava dalla porta della stanza, non riordinata da 48 ore, avverte
il direttore dell'hotel. Il funzionario entra da un'altra stanza e trova Dalida
in coma. Uscirà dallo stato di incoscienza dopo cinque giorni.
Il 4 agosto 1968 Dalida decide di cambiare look e decide di cambiare il colore
dei suoi capelli, dal castano al biondo: il cambio di colore della fluente
capigliatura segna anche l'inizio di un rinnovamento del repertorio musicale e
l'adozione di un nuovo stile, che renderà ancor più popolare la cantante,
arrivando a consacrarla icona pop. Nello stesso anno, Dalida partecipa a
Partitissima (ex Canzonissima) dove vince con la canzone Dan dan dan. Nel
ritirare il premio, Dalida afferma Lassù qualcuno è contento riferendosi
evidentemente a Luigi Tenco. È questa una vittoria chiacchierata e sofferta:
chiacchierata perché considerata politica, dovuta più all'enorme pubblicità che
il tentato suicidio le ha procurato che a meriti effettivi.

Sempre nel 1968 recita sul set del film italino Io ti amo, film di Antonio
Margheriti con Alberto Lupo. Il 18 giugno 1968 ottiene il titolo di Commendatore
delle Arti, delle Scienze e delle Lettere, conferitole dal presidente francese
Charles De Gaulle, e il 5 dicembre è la prima donna a ricevere la medaglia della
Presidenza della Repubblica.
La cantante si innamora di un ragazzo italiano di 22 anni di nome Lucio: Dalida
scopre di aspettare un figlio, decide tuttavia, di interrompere la gravidanza.
Tra la fine degli anni sessanta e l'inizio degli anni settanta, infatti,
intraprende un complesso lavoro di ricerca interiore e spirituale con viaggi in
Nepal ed un soggiorno in un Ashram. Un percorso di studio e di approfondimento
che include non solo la lettura di testi propriamente filosofici e il confronto
con l'orizzonte della psicoanalisi, ma anche l'incontro con Arnaud Desjardins
(regista, scrittore e studioso della cultura orientale) e con Swamji Prajnanpad
(il cui insegnamento è caratterizzato dal tentativo di realizzare una sintesi
armonica tra psicanalisi freudiana e spiritualità orientale).
Questo duplice lavoro (culturale e psicologico-spirituale) rappresenta per
Dalida un'occasione fondamentale di trasformazione e di rinnovamento. La Dalida
sensuale e travolgente degli anni cinquanta e sessanta, muta nella Dalida nuova,
mistica e spirituale nei lunghi abiti bianchi che indossa in scena e fuori.
Parte per l'Egitto nel
1986, dove recita nel film Le sixième jour (Il sesto giorno, di Yussef Chahine)
e per la prima volta in un autentico ruolo di protagonista drammatica (al
contrario dei film precedenti dove, ancorché quasi sempre come attrazione di
primo piano, aveva interpretato soltanto dei ruoli leggeri o prettamente
musicali). Torna a Parigi e dichiara che, dopo aver rivisto i luoghi della sua
infanzia, è stanca e incapace di riprendere la vita e i ritmi di sempre. È in
questa circostanza che Dalida organizzerà il piano del suo suicidio.
Sabato 2 maggio 1987 chiama il fratello-manager Orlando che le annuncia di aver
rinviato un previsto servizio fotografico a causa del freddo; la sera, la
cantante dice alla cameriera che farà tardi perché ha intenzione di recarsi a
teatro e le chiede di svegliarla verso le 17 del giorno successivo. In realtà,
con la macchina fa il giro dell'isolato, imbuca una lettera per il fratello, per
poi barricarsi nella sua villa della rue d'Orchamps ed ingerire un cocktail di
barbiturici.

È il 3 maggio 1987 quando, a Montmartre, Dalida si toglie la vita, a vent'anni
dal primo tentativo. Accanto al corpo lascia appena un biglietto: Pardonnez-moi,
la vie m'est insupportable (Perdonatemi, la vita mi è insopportabile).
Tra i primi a scoprire la tragedia è il fratello Orlando, nominato erede
universale ed oggi custode dell'immagine di Dalida. La morte di Dalida lascia
sotto shock la Francia intera, ai funerali, lo storico Claude Manceron la saluta
con le seguenti parole: Yolanda arrivederci, Dalida grazie.
Dalida è sepolta nel cimitero di Montmartre a Parigi e accanto alla sua tomba si
trova una statua commemorativa in cui la mostra con gli occhi chiusi allo
spettatore. Nel 1997 è stato inaugurato sempre a Montmartre, in suo onore, un
busto di bronzo dello scultore Aslan che la raffigura.