
Carlo Porta, poeta italiano
autore di opere in dialetto milanese, nacque a Milano il 15 giugno 1775 in una
famiglia di salde tradizioni borghesi e subito dimostrò una predisposizione agli
studi, benché il padre (la madre morì quando aveva solo 10 anni), piccolo
funzionario imperiale, lo ostacolasse vedendo in lui un futuro da burocrate;
studiò in un collegio di ex gesuiti a Monza e nel 1792 si iscrisse ad un corso
di filosofia a Milano dove nello stesso anno pubblicò una raccolta di poesie e
prose dal titolo “El lava piatt del Meneghin ch’è mort”. A causa della difficile
situazione in cui si trovava l’Italia in quel tempo, avversata dalle continue
intromissioni straniere, l’arrivo dei francesi a Milano, provocò gravi problemi
nella sua famiglia, tanto che il padre perse il posto di lavoro ed un fratello
fu costretto a fuggire a Venezia. Nel 1798 anche Carlo Porta raggiunse la città
lagunare dove abitò per circa un anno fin quando, tornati gli austriaci in
Lombardia, non tornò a Milano lavorando all’Intendenza di Finanza; purtroppo
l’Italia continuava ad essere una terra di conquista e tornati di nuovo i
francesi nella città lombarda, lo scrittore perse il posto e per vivere iniziò a
fare l’attore comico, finché non conobbe e sposò una ricca vedova. Frequentò
così gli ambienti culturali di Milano e nella sua nuova casa di via
Montenapoleone ospitò letterati del calibro di G.Berchet, E. Visconti, T. Grossi
e G. Torti, che presto sarebbero stati in prima linea nella polemica sul
romanticismo e che in quelle occasioni discutevano sulle loro idee ed esperienze
intellettuali.
L’attività poetica vera e propria di Porta fu preceduta da un rigoroso
apprendistato, evidente nelle traduzioni in dialetto milanese di alcune opere di
illustri scrittori.
I suoi grandi componimenti poetici a volte allegri e irriverenti, a volte amari
e pungenti, si configurano in “One vision” (1812), “On Miracol” (1813-14), “La
preghiera” (1819-20), “Le desgrazzi de Giovannin Bongée e Olter desgrazzi de
Giovannin Bongée” (1812-13), “La Ninetta del Verzée” (1814), “El lament de
Marchionn di gamb avert” (1816) e ancora “I paroll d’on lenguagg” (1810) in
difesa del dialetto e “Il romanticismo” a favore della nuova scuola. Gli ultimi
scritti rappresentano senza dubbio il vertice della poesia di Porta, interrotta
bruscamente dalla sua morte il 5 gennaio 1821; resterà incompiuto l’ultimo
lavoro “La guerra di pret”, galleria di gustosi ritratti, che il Grossi cercherà
invano di proseguire e completare. L’opera poetica di Carlo Porta muove da
un’educazione illuministica e approda a posizioni sostanzialmente romantiche,
riflettendo l’evoluzione dello spirito italiano nel travagliato periodo storico
che precedette l’era delle cospirazioni e dei moti nazionali d’indipendenza.
Il poeta propone spesso al centro delle proprie rappresentazioni personaggi
umili, denunciando il mal costume nella vita pubblica e le assurdità
dell’ingiustizia sociale. Ammirato da Foscolo, Manzoni e Stendhal, nel secolo
scorso Porta ebbe tuttavia una fortuna poco più che limitata, dovuta alla
difficoltà del dialetto milanese e dalla pura di carattere moralistico. E’
solamente nel nostro secolo che alla sua poesia, è stato attribuito un ruolo
importante nella letteratura italiana e il riconoscimento da parte dei critici
del suo straordinario lavoro sulla scrittura e sul verso.