
Nella società umana l’alimentazione, definita come un processo fisiologico
consistente nell’assunzione di sostanze solide o liquide, in genere di struttura
complessa, che vengono demolite chimicamente in composti organici semplici e
quindi assimilate, oltre a svolgere funzioni di sostentamento e di provvista
energetica, assolve anche a importantissime funzioni di comunicazione
interpersonale e di aggregazione sociale, oltre ad assumere, in alcuni casi
anche una funzione simbolica.
Il significato biologico di questa importante funzione, da una parte, può essere
identificato con la necessità di introdurre nell’organismo tutte quelle sostanze
che servono per la costituzione delle strutture biologiche, dall’altra, come
preziosissima fonte d’energia di cui non si può in alcun modo fare a meno per
mantenere in vita e permettergli di muoversi all’organismo stesso.
La diversificazione della dieta consente a numerose specie diverse di coesistere
nello stesso ambiente. Ogni popolazione intrattiene allora una determinata serie
di rapporti con gli altri organismi, alcuni dei quali servono come fonte diretta
di cibo, e ogni gruppo omogeneo geneticamente isolato dalle altre specie si
colloca in modo molto preciso all’interno della catena alimentare in una sua
“nicchia ecologica”.
Anche nel caso dell’uomo l’alimentazione svolge un ruolo rilevante tra le varie
attività fisiologiche. Ma la tecnica applicata su scala industriale alla
confezione, conservazione e trasporto degli alimenti, ha reso possibile l’uso
quotidiano di una vastissima gamma di alimenti che hanno ingigantito la propria
“nicchia ecologica”.
In altre parole, l’alimentazione ha assunto nella storia dell’umanità valori e
significati che travalicano decisamente il processo puramente biologico,
assumendo aspetti antropologici e anche psicologici di tale comportamento,
arrivando, data la disponibilità e la facilità di reperimento del cibo, a
comportamenti consumistici spesso dannosi per la salute.
La storia dell’alimentazione umana si intreccia strettamente con lo sviluppo
delle forze produttive e con la trasformazione dei rapporti sociali. Esistono
nei vari paesi, abitudini diverse, connesse a ragioni climatiche, ambientali,
disponibilità di determinati prodotti o usi in senso stretto, tuttavia
all’interno di queste differenziazioni, l’evoluzione dei modi di alimentarsi
dipende soprattutto dalle condizioni storiche della produzione, dalla
distribuzione della ricchezza, dalle differenze sociali.

L’arte della cucina e di imbandire la mensa ha
una tradizione molta antica, quando diventa oggetto di trattati, soprattutto
riguardanti la cucina dei ricchi, in quanto quella dei poveri è troppo povera
per essere presa in considerazione, il significato sociale del nutrirsi aumenta,
assumendo quello di gastronomia.
“L’arte della tavola”, estesa dalla esatta preparazione dei piatti, alle norme
di vita civile che danno carattere e giusto equilibrio ad una riunione
conviviale, è un concetto, una parola di origine greca, come il primo trattato
di cucina di un certo Archestrato, nato a Siracusa nel secolo IV a.C. , celebre
cuoco. Da allora il tema viene sempre più sviluppandosi nel corso dei secoli, e
le testimonianze che ci sono pervenute, ci hanno permesso di capire sia il
tenore di vita dei vari popoli antichi, sia il grado di civiltà raggiunto.
In particolare, analizzando la cucina di Roma antica, vediamo che essa iniziò
sotto il segno dell’austerità: pane, formaggi di capra,olive, insalate (i
legionari, quando impiantavano un campo permanente, iniziavano subito la
coltivazione della lattuga); ma, specie durante l’impero, si fecero sentire sia
l’influenza greca, sia quella orientale. La testimonianza più completa di questa
ultima fase è il “De re coquinaria” di Celio Apicio, scritto probabilmente nel
230 d.C. da un cuoco che raccolse anche le prescrizioni di altri due colleghi di
nome Apicio, uno vissuto prima di Cristo, l’altro nel primo secolo: il testo
raccoglie ricette ancora oggi accettabili, se si esclude la presenza del
condimento fondamentale, il “garum”, un liquido ottenuto dalla macerazione di
intestini di pesce. I romani, come tutte le altre popolazioni, come abbiamo
visto, ebbero una alimentazione di tipo frugale fino all’avvento della Roma
imperiale, quando grazie alla diffusione delle ricchezze provenienti da tutti i
possedimenti, poterono, soprattutto i ceti abbienti, manifestare un amore
smodato per la buona tavola e la buona cucina. Il vero pasto veniva consumato la
sera, semi sdraiati su letti, chiamati triclini, in sale arredate in maniera
fastosa.
Esempio di cena nell’antica Roma:

GUSTATIO
Libum
Nucleorum ius in ovis apalis
Ova sfongia ex lacte
PRIMAE MENSAE
Pullus elibus ex iure suo
Porcellus oenococtus
Agnus parthicus
Ius in pisce asso
Esiciola trentina
SECUNDAE MENSAE
Patina de piris
Dulcia domestica
Patina versatilis
Dulcia piperita
Tiropatina

Nel prossimo numero pubblicheremo ricette originali dell’antica Roma.
Si ringrazia per la collaborazione il Professor Francesco Mascioli, esperto di
cucina della Roma antica.
A cura di: Christian Gazzillo