Ora
vi racconto una storia:
una ventina di anni fa una
parrocchia di Roma, di fronte al fenomeno sempre più
massiccio della presenza di extracomunitari (all'epoca erano quasi tutti
"vu cumprà", cioè provenienti dalle regioni del magreb) che
vivevano più o meno da barboni, si rimboccò le maniche ed organizzò una
mensa gratuita che due giorni a settimana (alternandosi con le mense di
altre organizzazioni) offriva un pasto caldo a chiunque si presentasse.
Però non era facile capirsi, con questi "marocchini", sia a
causa della lingua, sia a causa dei costumi di vita parecchio diversi, sia
a causa della religione che sembrava dovesse dividerci. Allora qualcuno di
questa parrocchia, il parroco per primo, si dissero: "Perché non
andiamo a conoscere questa gente e casa loro? Perché
non cerchiamo di capire quale sia il loro stile di vita originario? Perché
non cerchiamo di scoprire cosa sia veramente l'Islam, senza fermarci alle
chiacchiere di strada? Perché non andiamo a renderci conto del perché
costoro vengano clandestinamente qua, anziché rimanere tranquilli
tranquilli a casa loro?"
Detto,
fatto, andarono a conoscere la regione del magreb più vicina (e forse la più
facile, per un primo approccio): andarono in Tunisia. Il risultato fu che
si innamorarono della gente e del posto e, cosa non da poco, scoprirono
che la religione islamica è estremamente ricca di spiritualità e di
valori e per molti aspetti ci è "cugina" (fatte salve le
fondamentali differenze). Insomma, con l'Islam si può dialogare, nel
rispetto reciproco.
Cercarono un pied a terre
e trovarono una piccola casa araba a Kibili, nella quale vivevano
alcune suore cattoliche che a causa dell'età avanzata stavano per essere
richiamate in europa. Questa casa fu comprata e diventò il cuore della
presenza in Tunisia.
Gli amici di questa
parrocchia di Roma cominciarono ad andare su e giù dall'Italia alla
Tunisia sia per conoscere, come detto prima, usi e costumi della gente e
sia per pregare. Sì, per pregare, perché avevano scoperto che la
natura del luogo era in grado di offrire molti stimoli positivi per la
preghiera, per l'introspezione,
per la meditazione. Essendo la natura dell'interno della Tunisia
abbastanza simile alla natura della Palestina, era facile collegare
mentalità ed episodi biblici con ciò che vedevi realmente davanti a te:
una palma carica di datteri, un albero di fico, il pozzo del villaggio, il
terreno riarso, i cespugli nel deserto, le dune del deserto di sabbia, la
sorgente d'acqua dalla fenditura della roccia,....
Ma in una casa piccola si
potevano ospitare poche persone. Cominciarono a cercare una sistemazione
più grande e, dopo molte difficoltà, acquisirono una casa araba
sufficientemente grande a Nefta. Dopo qualche tempo acquisirono un terreno
a Douz e vi costruirono una casa nuova adatta per l'accoglienza di chi ci
andava dall'Italia.
Intanto in Italia si cercava
di dare una mano agli immigrati già presenti sul territorio, per trovare
loro una sistemazione seria: alloggio e lavoro. Ma nella maggior parte dei
casi gli immigrati, non conoscendo la nostra lingua, avevano grandissime
difficoltà ad essere assunti dalle ditte che pur avevano bisogno di
manodopera.
Allora con un grande sforzo,
con l'aiuto di molte persone sensibili, con il sostegno della Regione
Lazio e con l'appoggio delle autorità locali tunisine, si pensò di
aprire a Kibili e a Douz due "scuole" dove i giovani del posto
potessero apprendere l'italiano e rudimenti di legislazione italiana e del
lavoro
in attesa di poter venire legalmente in Italia. In questo modo, quando
furono in vigore le leggi sull'immigrazione precedenti alla Bossi/Fini, fu
possibile diventare "sponsor" (colui che garantisce lavoro e
alloggio) di molti immigrati che grazie alla preparazione linguistica di
base riuscirono ad ottenere legalmente il permesso di soggiorno in quanto
titolari di contratto di lavoro in Italia. Quest'opera altamente
umanitaria ed estremamente utile ha subìto recentemente un freno dalla
legge vigente che non prevede più la figura dello "sponsor"
ma si basa su quote annuali che vengono per lo più gestite dalle
rappresentanze diplomatiche italiane.
Ecco,
vi ho raccontato una storia e posso dire di esserne stato un po' testimone
perché alla fine di settembre ho avuto la fortuna ed il piacere di
trascorrere una settimana in Tunisia, a Douz, a Kibili e a Nefta, ed ho
toccato con mano quanto importante sia l'azione di questi nostri amici di
Roma. Ho conosciuto gente, ho scoperto alcuni aspetti dell'Islam che
ancora non conoscevo, ho goduto di una natura estremamente affascinante ed
ho pregato aiutato dal contesto "magico" !
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Paolo
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