
Se fossi davvero come mi vedi, non ci sarebbe quest’uomo disteso accanto a me,
che m’ammira, che fuma e m’impregna i capelli e con la mano dondola piano, sulla
parte del corpo che lo fa forte e più maschio; sulla parte del corpo che mi fa
femmina bella. Se davvero lo fossi, non ci sarebbe una donna, che suda e che
porta le calze e mostra le gambe fissando il piacere.
Cammino ed ancheggio dalla porta alla stanza; sono anni che vado di corsa, che
porto con me una busta di troppo; mi spoglio e mi rivesto leggera, quattro volte
in un mese, più di trenta in un anno e puntualmente mi dice che sono un incanto,
da vivere insieme da qualche parte nel mondo. Manteniamo distanze, ma sappiamo
che in fondo, se dovessimo perderci, ci inseguiremmo dovunque, perché non
possiamo farne più a meno e se per caso succedesse davvero, come barboni
gireremmo per strade, di giorno e di notte, per un piccolo indizio.

Lui sa che custodisco un mondo
segreto, che ogni volta riscopre; un mondo sommerso, in pieno centro di Roma. Ha
avuto il pregio d’averci provato, d’essere stato il primo ad avere intuito, che
non occorre bussare, quando una porta è socchiusa e tu lo ringrazi, perché non
hai dovuto far nulla, che lasciarti guidare. Lui rimane a guardarmi ed io, in
piedi, mi faccio ammirare, poi mi siedo sulla poltrona, lui mi guarda, lo guardo
scambiandoci in fretta, parole d’amore che sanno di brama e penso che non avrei
potuto trovare di meglio, che nulla è più grande di questo desiderio perenne.
Chissà cosa penserebbe mio marito, se sapesse che incontro un uomo durante i
miei pomeriggi, che mi spoglio e cammino per essere oggetto, che mi vesto e mi
trucco per lasciarlo sognare. Se sapesse davvero che mi consumo la mente, con la
purezza d’adesso, che non ho per niente tradito, chi ora aspetta il mio rientro
a casa. Avidi di smania ci guardiamo negli occhi, conosciamo a memoria il
momento preciso, il respiro bollente, quando sale la voglia e sincrona esce
liquida, a fiotti e magica ci lascia un secondo a pensare.

Poi m’alzo, mi rimetto i vestiti,
prendo la busta, lo saluto per la prossima volta e fuggo tra i semafori rossi,
tra i tramonti più gialli, che cadono in fretta, dentro un buco di vuoto
d’insofferenza d’amore, che mi lascia incompiute le sensazioni che provo. Penso
a mio marito, alla mia casa, alla vita che mi aspetta, mentre ci credo davvero a
quel rifugio, quando suono il campanello di quella porta, ancora una volta, a
lui che m'aspetta, che m'aspetta sempre e da anni al nostro rifugio nel pieno
centro di Roma.
A cura di: Nimue