Rischiando di
essere banali cominciamo subito col chiarire che “l’India non è uno stato ma un
vero e proprio continente”. Non è né retorica né un caso che tutte le guide
comincino con questa frase, è una cosa reale.
Di qui la difficoltà di
scrivere un articolo di viaggio.
La vastità, la complessità,
la stratificazione culturale del subcontinente indiano rendono complesso
l’approccio sia per chi ne scrive sia di chi decide di visitarlo.
Molto è stato detto e
scritto ma è pur sempre interessante conoscere le esperienze di chi ha già
approcciato questo territorio. In effetti ogni viaggio in India è un’esperienza
molto personale anche per le difficoltà pratiche e le diversità culturali che
bisogna affrontare: ogni viaggiatore dunque dovrà trovare il suo modo di
relazionarsi e adattarsi.
Francesca ha trascorso 6
mesi nell’India del nord e ci racconta la sua esperienza.
Di tutti i viaggiatori che
ho incontrato in India e di quelli che ho incontrato altrove ma che in India
avevano viaggiato, nessuno era riuscito a muoversi secondo un itinerario anche
vagamente razionale.
Si può partire con le idee
molto chiare, avere degli interessi specifici, persino delle ricerche da portare
avanti, si può studiare il proprio viaggio fino nei dettagli, ma poi
inevitabilmente ogni piano salta.

Di qui la difficoltà di
suggerire un itinerario.
Ogni viaggiatore costruirà
il suo e lo farà in modo estemporaneo, seguendo l’impulso del momento.
Unico consiglio da dare è
seguire il proprio istinto anche quando vi porta verso una decisione
assolutamente irrazionale; tanto ripartirete comunque con la sensazione di dover
tornare perché semplicemente non avete visto abbastanza: l’India è così grande…
Al viaggiatore che si trova
a consigliare gli altri non resta dunque che raccontare il proprio itinerario,
la sua esperienza, quello che ha imparato del vivere l’India.
Sono arrivata nel momento
dell’ anno meno consigliato per visitare l’India, a maggio in piena estate e
subito prima del monsone.
Delhi era una umida fornace
a 45 gradi.
La prima difficoltà:
spostarsi dall’aeroporto. Per sopravvivere all’assalto dei tassisti vi consiglio
di prendere un taxi prepagato al bureau ufficiale che si trova all’interno
dell’aeroporto. Una volta il mio uomo mi sono fatta portare nella zona di
Paharganj dove inizia New Delhi e dove, soprattutto lungo Main Bazar, c’è
un’altissima concentrazione di Guest House, cioè alberghi economici in cui
troverete sicuramente quello che fa al caso vostro.

palazzo del governo
a Nuova Delhi
Main Bazar è il mercato, per
cui vi ritroverete catapultati vostro malgrado nel luogo in cui si svolge
l’attività principale della zona e questo è valido per tutte le città indiane.
I colori, il chiasso, la
puzza, il caos, vi accompagneranno per quasi tutto il vostro viaggio.

Paharganj è un quartiere
relativamente recente ed è una sorta di cuscinetto tra le realtà diversissime
della vecchia e della nuova Delhi.
Old Delhi è la parte antica
e monumentale, concepita come magnifica capitale dell’Impero Moghul, dunque
l’architettura, così come la maggior parte dei suoi abitanti, sono musulmani.
Dalla Jama Msjid, cioè la
moschea, si dipana un dedalo di vicoli che costituisce il mercato (molto
più interessante di Main
Bazar). A pochi metri invece si erge l’imponente Forte Rosso dentro al quale si
estende una vera e propria città nella città. E’difficilissimo riuscire a
visitarlo tutto in una sola giornata, ma imperdibile è la piccola e
raffinatissima Moschea delle Perle.
Il contrasto con New Delhi è
davvero stridente. Dal cuore dell’Impero Moghul a quello dell’Impero britannico,
oggi moderno centro dirigenziale.
Come ogni turista che si
rispetti non ho potuto evitare la rituale visita al Taj Mahal ad Agra, la tomba
che tutte le mogli sognano come ultimo ed estremo atto d’amore da parte del
proprio consorte!
Io sono casualmente capitata
di lunedì, giorno in cui gli indiani usufruiscono di un biglietto ridotto e la
massiccia presenza di “turisti autoctoni” rende la visita molto divertente.
Non ho avuto il piacere di
farlo ma è possibile visitare il mausoleo di notte nei giorni di plenilunio,
l’ingresso costa un po’ di più, ma credo che ne valga la pena.
A questo punto, visto che
già stavo nello stato dell’Uttar Pradesh, ho pensato di attraversare tutta la
polverosa pianura del nord per arrivare nella più sacra delle città: Benares, il
cui indiano è Varanasi, in sanscrito Kashi. La città bagnata dal Gange, in cui
gli hindù vanno a morire per non reincarnarsi più, una città, un unico immenso
tempio.
Passeggiare sui ghat,le
gradinate che costeggiano il Gange, è sicuramente il modo migliore per entrare
in contatto con la città perché tutta la vita sociale si svolge qui.
La parte vecchia anche se
decisamente angusta, è la più accogliente e bella.
Qui troverete facilmente da
affittare una stanza, e vivere“in famiglia”, oltre che molto più economico, è
un’esperienza.
Il caldo oramai
insopportabile mi ha spinta a cercare refrigerio nelle “stazioni climatiche
himalyane”, come facevano i coloni inglesi.
Sono arrivata nella Kullu
Valley nello stato dell’Imachal Pradesh in Agosto, in pieno monsone.
Le piogge più che abbondanti
avevano fatto sbocciare una vegetazione rigogliosissima che riempiva ogni angolo
delle aspre vette Himalayane, in netto contrasto con il cielo sempre grigio e
carico di nuvole.
Dalla montagna al deserto
del Thar.
I prepotenti colori del
Rajasthan vi accoglieranno con la stessa esuberanza dei suoi abitanti.
Il segno del passato
splendore dell’Impero Moghul è testimoniato dalla tipica architettura e il suo
passato Rajput (antica dinastia di guerrieri che dominava la regione prima
dell’invasione musulmana) dall’eccentrico ma raffinatissimo artigianato.
Procedendo per colori:
Jaipur, la città rosa, rosa tutti i suoi palazzi, si tinge di fucsia al
tramonto;
Jodhpur e Jaisalmer spuntano
nel desolato paesaggio desertico come due città delle Mille e una notte, una
dipinta d’azzurro, l’altra bagnata da una luce d’oro in determinate ore della
giornata.
Puskar invece è una
minuscola cittadina che si estende come un’oasi intorno ad un lago.
Sacrissima città per gli
hindu, è però completamente costruita in stile moghul. Caratteristici, come del
resto in tutto il Rajastan, sono gli haveli, le sontuose abitazioni dei ricchi
mercanti. Oggi la maggior parte degli haveli sono stati trasformati in guest
house economiche o alberghi.
Puskar si trasforma in
un’immensa distesa di tende in occasione del Camel Fair, il più grande raduno di
allevatori, artisti di vario genere, curiosi, pellegrini, turisti e troupe
televisive dell’India del nord.
Raccontare quello che ho
imparato del vivere l’India è ancora più complesso del raccontare sinteticamente
il mio itinerario, solo uno dei tanti possibili, dunque mi limiterò a passarvi
alcuni consigli pratici.

Tenete presente che lo
standard economico del mio viaggio non è stato molto alto. Volendo potrete
riuscire a spendere molto di più; non mancano strutture e mezzi di trasporto
molto lussuosi, agenzie specializzate, guide esperte, unico rischio: vedere
l’India da dietro un finestrino.
Io ho dormito “in famiglia”
o nelle guest house (alberghi a poco prezzo), possono essere sistemazioni molto
diverse, non prendete mai una stanza prima di averla vista per evitare brutte
sorprese o disagi per voi insopportabili, sempre fondamentali sono il
ventilatore e possibilmente le zanzariere alle finestre.
Non fidatevi dei tassisti
che vi vogliono consigliare troppo spassionatamente qualche tipo di servizio
(alberghi, negozi, ristoranti), sono procacciatori di clienti e prendono una
cospicua percentuale che pagherete voi nel prezzo del servizio!
Contrattate sempre, anche se
vi sembra brutto.
Io ho viaggiato anche da
sola e non ho mai avuto gravi problemi.Consigli per le donne: vestitevi in modo
rispettoso e non mostratevi fragili o sprovvedute, in ogni modo troverete
facilmente qualcuno più che disposto ad aiutarvi per puro senso di protezione;
riceverete un’incredibile quantità di proposte sentimentali, non offendetevi
troppo, rifiutate energicamente (se vi sembra il caso) e godetevi il vostro
viaggio.
Alcune notizie
territoriali e climatiche
A cura
di :Francesca Romana Nascè & Daniele Dattilo